In Italia lo smart working non decolla
25 ago 2022 | 2 min di lettura | Pubblicato da Paolo F.

Ancora lontani dalla media Ue
Lo smart working (per ora) non sfonda. È più diffuso rispetto al periodo pre-pandemia, ma non ha registrato quell'incremento verticale che molti si attendevano. Su 8 milioni di potenziali lavoratori da remoto, gli smart worker sono 2,9 milioni.
C'è stato un sostanzioso passo in avanti, visto che nel 2019 erano appena 1,15 milioni. Ma si tratta pur sempre di una quota minoritaria: a sfruttare lo smart working è poco più di un terzo della platea potenziale.
Il lavoro da remoto in Italia
I numeri, elaborati da Randstad Research su dati Istat ed Eurostat, certificano quindi passi avanti ma non ancora una “normalizzazione”. Che da questo punto di vista l'Italia sia ancora indietro lo confermano altri dati: 2,9 milioni di persone rappresentano il 13% degli occupati e includono chiunque lavori lontano dall'ufficio “almeno una volta a settimana”. La quota si riduce in modo sensibile se le giornate in smart working aumentano: solo il 5,9% degli occupati lavora da remoto per due o più giorni a settimana.
Ue, Italia in ritardo
Gli occupati che lavorano da casa almeno la metà del tempo sono l'8,3%, molto di più rispetto al 2019 (3,6%), ma meno rispetto al 2020 (12,2%). Sembra quindi esserci stato un parziale passo indietro dopo il lavoro da remoto obbligato dai lockdown quando molti avevano cambiato la propria residenza favorendo anche il settore dei mutui. Solo la Spagna ha avuto lo stesso andamento.
La media europea, invece, è avanzata in modo lineare, con un aumento costante tra il 2019 (5,4%) e il 2021 (13,4%). Anche guardando chi lavora fuori dall'ufficio meno della metà delle ore, l'Italia (6,5%) resta lontana dalla media Ue (10,6%).
Chi lavora smart
Dallo studio di Randstad Research emergono anche differenze geografiche, d'età e di genere. A scegliere di lavorare da remoto è stato il 14% delle donne, contro l'11,9% degli uomini. Il 60% degli smart worker ha tra i 35 e 39 anni.
Lavorano da remoto il 15,5% dei dipendenti del Centro e il 15,2% del Nord Est. Al contrario, sono al di sotto della media nazionale i lavoratori di Isole (9,3%) e Sud (9,1%).
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