L'Istat fa una distinzione per i prezzi degli immobili tra case vecchie e case nuoce
13 mar 2015 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.

Negli ultimi anni il prezzo degli immobili è variato a seconda di una distinzione sostanziale: quella tra case vecchie e case nuove.
La conferma è arrivata dall’ultima indagine Istat che elabora ogni trimestre i tre indici dei prezzi che sono relativi alle abitazioni acquistate: quello per il totale alloggi, quello riguardante gli alloggi nuovi e, infine, quello riguardante gli alloggi già esistenti.
E' proprio il livello dell’indice relativo agli alloggi già esistenti ad aver subìto, di recente, una perdita notevole: nel secondo trimestre 2014 l'indice, infatti, si è attestato a 84 (su 100, base relativa al 2010 anno di riferimento).
Compratori penalizzati.Secondo gli ultimi dati Istat, l’indice dei prezzi delle nuove abitazioni, che nel secondo trimestre 2012 aveva raggiunto i 105,4 punti, ha iniziato a ridursi, scendendo a 100,8 punti nel terzo trimestre 2014. La cosa si tramuta, in pratica, in una perdita per gli acquirenti: coloro che hanno acquistato una casa nuova nel periodo luglio-settembre dell'anno scorso, infatti, alla fine l’hanno pagata qualcosa in più rispetto al prezzo di riferimento del 2010. Al contrario, chi ha acquistato, nello stesso periodo, un’abitazione esistente, l'ha pagata circa un sesto di meno rispetto a quanto speso nel 2010.
Meno acquirenti ma prezzi alti.La questione si fa spinosa solo a pensare quanti sono gli immobili costruiti di recente e in cerca di acquirenti: nonostante la grande diminuzione dei permessi di edificazione, infatti, i dati Istat 2014 evidenziano, rispetto al 2013, un -11,4% per quanto concerne gli edifici residenziali mentre per quelli non residenziali il calo è del 10,8%. Brusco stop, nel primo trimestre 2014, anche per il numero degli alloggi dei nuovi fabbricati, fermo sotto la soglia delle 14.000 unità a trimestre: in dettaglio, sono 10.968 le abitazioni residenziali, (nuovo livello minimo per la serie storica) e 13.668 per quanto concerne i non residenziali. Anche la superficie utile abitabile, nei primi tre mesi dell'anno passato, si è portata a un nuovo minimo della serie: 942.605 sono stati i metri quadri del primo trimestre, contro 1.143.657 metri quadri del secondo trimestre 2014, leggermente in rialzo.
Il calo delle costruzioni, tuttavia, non modifica il mercato: resta pur sempre attivo un eccesso di offerta rispetto alla domanda, che è diminuita in virtù della riduzione del potere d’acquisto degli acquirenti potenziali e a causa dei prezzi alti. E, quel che è peggio, lo squilibrio non porta alla riduzione dei prezzi stessi. Perché?
Tutta colpa delle banche. Perché, sostengono gli esperti, nella questione si immette pesante il ruolo delle banche che, nel momento in cui il mercato tirava, hanno massicciamente finanziato la costruzione di nuove case: poi, con la crisi e il conseguente crollo della domanda, è successo che molte imprese edili non sono state in grado di far fronte al servizio del debito. A quel punto, se il rischio d'insolvenza era elevato, le banche pignoravano gli immobili, senza però metterli sul mercato, in modo da non esporre gli immobili a svalutazione ma rendendo, di fatto, più difficile smaltire la gran massa di case pignorate a famiglie che non potevano più pagare le rate del mutuo. A questo punto, sostengono gli esperti, le imprese edili, sempre più indebitate con le banche, non abbassano i prezzi delle nuove costruzioni perché temono che proprio gli istituti di credito possano richiedere la restituzione dei prestiti, attivando le procedure di pignoramento. Ecco perché ora gli intermediari sono preoccupati che la diminuzione dei prezzi possa portare alla svalutazione dei crediti concessi.
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