Case green, via libera alla revisione Ue. Italia contro
10 feb 2023 | 3 min di lettura | Pubblicato da Franco C.

Il percorso, però, sarà ancora lungo
È arrivato il primo via libera dal parlamento europeo circa la proposta di revisione della direttiva europea sulle case green. Il primo si è arrivato dalla commissione Industria, ricerca ed energia: sarà seguito, a marzo, dall’esame in seduta plenaria e successivamente dal negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio.
Il percorso, dunque, sarà ancora lungo: il testo della direttiva Epbd, Energy performance of building direttive, potrà subire ulteriori modifiche, facendo capire meglio le eventuali connessioni, per esempio, con un comparto come i mutui prima casa. Intanto, in Italia, restano intatte le perplessità sulle possibili conseguenze del provvedimento.
La direttiva Ue
La direttiva Ue sulle case green prevede un graduale miglioramento dell’efficienza energetica: soprattutto, prevede una classe energetica obbligatoria minima per gli edifici residenziali, ossia la E nel 2030 e la D nel 2033. Il problema è, però che, in Italia, secondo le stime Enea, 11 milioni di abitazioni, pari al 74% sarebbero in classe energetica inferiore alla D.
Le deroghe
Gli immobili che potrebbero essere esclusi dalla direttiva apparterrebbero a tre categorie: edifici e monumenti sottoposti a tutela (immobili storici o di particolare valore architettonico); edifici collocati in zone vincolate e protette; edifici residenziali che vengono usati meno di quattro mesi l’anno o per un periodo limitato dell’anno o, ancora, edifici con un consumo energetico previsto inferiore al 25% di quello che risulterebbe se l'immobile fosse utilizzato tutto l’anno (le seconde case, di fatto). Infine, esclusi sarebbero anche dli edifici di culto e le strutture considerate temporanee (tipo uffici di cantiere e stabilimenti balneari).
Italia contro
Come previsto, sono stati approvati tutti gli emendamenti di compromesso: gli eurodeputati italiani dei tre partiti della maggioranza hanno votato contro. Nei giorni scorsi i gruppi dei Popolari (Ppe), Socialisti (S&D), Liberali (Renew), Verdi e Sinistra hanno raggiunto in Parlamento un compromesso, inserendo nel testo la possibilità per i paesi membri di valutare diversi fattori: i prezzi delle materie prime troppo alti, l’impossibilità tecnica di realizzare gli interventi e la scarsa disponibilità di manodopera qualificata. Le eccezioni potranno essere applicate a un massimo del 22% degli immobili e non potranno andare oltre il 1° gennaio 2037.
Ue alla ricerca della flessibilità
“Molti paesi hanno spiegato di ritenere gli obiettivi troppo ambiziosi rispetto al loro parco immobiliare - ha spiegato pochi giorni fa al Sole 24 Ore Seán Kelly, relatore del testo per i popolari - Stiamo cercando di introdurre qualche elemento di flessibilità nell’applicazione della direttiva. Nelle nostre discussioni a livello di relatori, c’è l’evidente impegno di trovare una intesa, senza però diluire troppo il testo”.
Le reazioni dei deputati italiani
Gilberto Pichetto, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, ha spiegato che la direttiva “va emendata per adattarla al contesto italiano che è speciale rispetto al resto d’Europa”. Aggiunge Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei: “L’Italia non può affrontare il tema dell’efficientamento energetico degli immobili come gli altri paesi. Il governo presenterà un suo piano. C’è una peculiarità e il governo difenderà questa peculiarità”.
Si è schierato anche Adolfo Urso, ministro per le Imprese: “È nostra intenzione - dice Urso - negoziare in Europa per degli obiettivi realistici e modalità di attuazione che non mettano in difficoltà le imprese e le famiglie”.
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