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Mutui italiani sempre più cari

11 gen 2013 | 3 min di lettura | Pubblicato da

casa in miniatura in legno con famiglia che gioca sullo sfondo

“È essenziale continuare con il risanamento dei conti e attivarlo in modo efficace grazie a riforme strutturali che devono essere fondamentali per correggere gli squilibri nell’eurozona. I Paesi devono diventare di nuovo competitivi”. Questa l’indicazione che arriva dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante la conferenza stampa di ieri in cui l’Eurotower ha deciso di lasciare invariato allo 0,75% il tasso di riferimento.

In altre parole, dal momento che la crisi avvinghia ancora il Vecchio Continente, il costo del denaro di Eurolandia deve restare ai minimi storici. Basti pensare che l’ultima variazione risale al 5 luglio 2012, quando l’istituito di Francoforte ha tagliato dello 0,2% il tasso che era rimasto fermo all’1% dallo scorso 8 dicembre 2011.

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Si dirà allora che per i mutuatari questa notizia sarà positiva. In questi lunghi mesi si è, infatti, capito bene che un costo del denaro così basso tiene ai minimi anche Euribor e Irs, rispettivamente i tassi di riferimento dei prestiti variabili e fissi per la casa. E, invece, non è affatto così. O almeno non lo è in Italia. Così come emerge dai dati diffusi dalla stessa Bce - aggiornati a fine novembre - secondo cui ci sono differenze molto evidenti tra il BelPaese e il resto d’Europa per quanto riguarda gli interessi che gravano sui mutui.

Se in generale si registra una discesa un po’ ovunque, gli italiani invece accendono finanziamenti per la casa versando il 4,05% contro un tasso medio europeo del 3,35%. In particolare, in Germania si paga un tasso del 2,92%, in Austria del 2,97%, in Spagna del 3,06%, in Finlandia si scende fino all’1,99%. Peggio di noi solo il Portogallo (che ha usufruito del Fondo salva-Stati), dove per un finanziamento in media si paga il 4,4%.

Evidenti le colpe per Adusbef e Federconsumatori. “Le banche - spiegano - manovrando arbitrariamente spread e tassi di interessi hanno più che raddoppiato il differenziale sui mutui”. Tanto che se a novembre 2011 questa forbice in Italia era pari a +0,67% con tassi al 4,6%, in Europa segnavano invece una media del 3,93%. Mentre nell’ottobre 2012 questo dato è lievitato a +139, con la media dei tassi fissati in Italia al 4,88%.

E l’affondo delle associazioni dei consumatori continua. “L’aumento della pressione fiscale, l’aggravamento della disoccupazione, la fiammata dell’inflazione e il record del debito pubblico - dicono - hanno addossato costi occulti di 1.705 euro su ognuno dei 60 milioni di abitanti per la disperazione delle famiglie e delle piccole e medie imprese”.

Così, mentre le banche continuano a negare l’accesso ai prestiti tenendo elevato il livello dello spread, si annullano completamente i benefici del calo storico dell’Euribor e dell’Irs. I mutuatari devono, quindi, lottare per entrare in banca, sentirsi dire che il prestito può essere concesso solo pagando interessi altissimi agli istituti (in media per un mutuo variabile lo spread è superiore al 3%, mentre per il fisso oscilla intorno al 5%) e decidere o che è meglio rimandare la scelta di indebitarsi in un momento di crisi come questo o sottoscrivere il finanziamento pagando molto di più della media europea.

Intanto le premesse per vedere abbassarsi la rata dei mutui ci sarebbero tutte, visto che l’altro spread - quello tra Btp e Bund (cioè il differenziale tra i titoli di Stato decennali tra Italia e Germania) - è sceso fino a sotto la soglia dei 250 punti base. È la prima volta da luglio del 2011. Mentre il rendimento del Btp a 10 anni ripiega fin sotto il 4,10% aggiornando i minimi dall’autunno del 2010.

11 January 2013 di Patrizia De Rubertis

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