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Le tasse sugli immobili

15 lug 2013 | 3 min di lettura | Pubblicato da

ragazza sistema vaso nello scatolo

Vietato lamentarsi. E basta, soprattutto, con la negatività. Un monito che deve valere per tutti i mutuatari e i proprietari di immobili, visto che gli italiani sono la popolazione che paga meno tasse al mondo sulla casa. A dirlo è l’Ocse (Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ha calcolato il rapporto percentuale tra le imposte complessivamente gravanti sulla proprietà immobiliare e il Pil per l’anno 2011.

Dalla classifica stilata emerge che la pressione fiscale sul mattone italiano, pari al 2,2%, è molto più bassa rispetto al Regno Unito (con un rapporto pari al 4,1%), alla Francia (3,7%) e assolutamente paragonabile a quella della Spagna (1,9%). Poco importa, quindi, se da oltre due anni il BelPaese è sprofondato in una recessione senza precedenti e - lo ha confermato la Banca d’Italia - la pressione tributaria nel 2012 ha toccato il 44% (contro il 40%, ad esempio, della Gran Bretagna). Mentre secondo l’Ance (l’associazione dei costruttori), rispetto a sei anni fa, le compravendite di abitazioni hanno perso 74 miliardi di euro di valore.

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Così, per andare oltre all’immediata smorfia per il risultato decisamente contradditorio dell’Ocse, conviene anche capire come l’Organizzazione sia arrivata ad affermare che gli italiani pagano la metà delle tasse sulla casa rispetto agli inglesi e francesi.

In primis, il Rapporto è dato 2011 e, quindi, non tiene conto dell’introduzione dell’Imu che - unita alla riduzione del Pil italiano dovuta alla crisi - ha visto lievitare la pressione fiscale del mattone dello 0,5% circa.

Poi, detto che in quasi tutti i paesi Ue l’abitazione principale è esente da imposte sul reddito e, spesso, è accompagnata da detrazioni fiscali quali la detrazione degli interessi passivi sul mutuo, è pur vero che solo in alcuni casi - come in Francia e Gran Bretagna - le tasse sugli immobili comprendono anche servizi indivisibili, tributi locali e tasse patrimoniali di diversa natura.

In particolare, in Francia l’imposta patrimoniale deve essere pagata sia dal proprietario che dall’inquilino, mentre possono richiederne l’esenzione solo i proprietari over 75 anni o chi ha un reddito familiare che non deve superare 10.224 euro per la prima parte del quoziente familiare. Un sistema di calcolo, quest’ultimo, che facilita le famiglie con tanti figli perché non tassa tanto il reddito totale percepito, quanto il reddito disponibile per ogni componente, pargoli compresi. Senza sottovalutare che Oltralpe esiste “l’imposta di solidarietà sulla fortuna” che prevede una tassazione ulteriore per chi dichiara 1,3 milioni di euro (l’aliquota oscilla tra lo 0,50 e l’1,50% dei patrimoni netti).

Capitolo a parte per la Spagna, dove l’imposta patrimoniale è dovuta dal proprietario del bene immobile con un’aliquota generalmente pari allo 0,5% del valore catastale con un aggravante (aliquota dallo 0,2% al 2,5%) se il valore del patrimonio netto detenuto da una persona fisica supera la quota di 700mila euro. È prevista poi un’altra riduzione della base imponibile con riferimento all’abitazione principale (fino ad un massimo di 300mila euro).

Insomma, come si è ben capito la media dei polli di Trilussa difficilmente può essere applicata quando si tratta di tasse. Ora, quindi, occhi puntati sulla scena politica: l’esecutivo è all’affannosa ricerca di coperture per evitare il pagamento dell’Imu rinviato al primo ottobre. Il tutto mentre la stessa Ocse ha detto chiaramente all’Italia: “Ridurre le tasse sul lavoro è più importante che ridurre l’Imu”.

15 July 2013 di Patrizia De Rubertis

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