Mutuo alla francese o all’italiana. Quali differenze?

Come si determina il piano di ammortamento di un mutuo, ossia l’importo di tutte le rate da corrispondere alla banca con le rispettive scadenze? Quando si acquista un immobile, le tre variabili principali del prestito (somma, durata e tasso da applicare) non sono sufficienti da sole a calcolare l’esborso effettivo a carico del mutuatario, se non si definisce al contempo il criterio da adottare per il rimborso del debito contratto.
Quello che può sembrare un tecnicismo di matematica finanziaria è in realtà un concetto piuttosto semplice. Per inquadrare meglio la questione, è sufficiente capire che gli interessi vengono sempre calcolati applicando, al momento di ogni pagamento, il tasso pattuito al capitale residuo. Perciò la consistenza di quest’ultimo e il suo progressivo decremento sono decisivi per poter correttamente quantificare le rate (composte da una quota capitale e da una quota di interessi).
Il metodo di gran lunga più utilizzato dalle banche che offrono mutui in Italia è il meccanismo “alla francese”, detto anche a rata costante. In tale ipotesi il mutuatario pagherà per tutta la durata del piano la stessa cifra, a ogni scadenza mensile o trimestrale. La componente di interessi sarà inizialmente molto alta, per andare gradatamente a scendere nel tempo, man mano che il capitale residuo diminuisce. 
L’altro metodo messo a disposizione dalla maggior parte degli istituti di credito è quello “all’italiana”, detto anche a capitale costante. In questo caso, la quota del prestito da restituire resterà immutata a ogni scadenza: pertanto, gli interessi andranno man mano a diminuire, così come l’importo complessivo della rata.
Non è possibile stabilire quale metodo sia più conveniente in senso assoluto, poiché tale valutazione risente inevitabilmente della situazione soggettiva e reddituale di chi contrae il mutuo. Entrambe le soluzioni permettono di avere certezza ex ante delle uscite previste per tutta la durata del finanziamento, ma molto dipende da quale sia la soglia di “sostenibilità” da parte del mutuatario. 
A parità di capitale, durata e tasso, il metodo francese comporta interessi complessivi più elevati, ma una rata più bassa. Il metodo italiano contempla invece una rata inizialmente più alta, ma grazie all’ammortamento “accelerato” del capitale da circa metà del piano di rimborso in poi la rata diventa più contenuta rispetto a quella (costante) del francese e gli interessi totali alla fine sono minori. 
Nella scelta del metodo, non vanno trascurati alcuni ulteriori aspetti quali le detrazioni fiscali e la possibilità di estinzione anticipata. La detrazione Irpef del 19% sugli interessi passivi, infatti, è ammessa fino a un tetto di 4.000 euro annui: tutto ciò che il contribuente paga alla banca oltre tale cifra va perduto. Mentre sul fronte della chiusura anticipata del finanziamento è evidente che più si va in là nel tempo meno è conveniente estinguere i mutui alla francese, in quanto nell’ultima fase essi presentano una quota di capitale preponderante rispetto agli interessi da versare (tralasciando le valutazioni in merito a eventuali penali applicate dalle banche).
I metodi sopra descritti sono applicabili anche per i mutui a tasso variabile, ovviamente tenendo sempre bene a mente le periodiche modifiche al saggio applicato in corso di contratto. Va segnalato, tuttavia, che la giurisprudenza ha in alcune occasioni bocciato l’applicazione del metodo alla francese ai mutui a tasso variabile.
Esistono poi ulteriori meccanismi di ammortamento quali quello alla tedesca, contraddistinto da una rata costante con interessi anticipati, e quello all’americana, detto anche a due tassi in quanto collegato a un piano di accumulo delle quote capitali restituite. Entrambi i metodi sono tuttavia molto marginali nel panorama italiano.
A livello nazionale, invece, molte banche offrono ormai soluzioni di ammortamento personalizzate, tra i quali si segnala il mutuo a rata crescente. Questa soluzione è spesso utilizzata dai più giovani, che al momento di comprare casa possono contare su un reddito contenuto, ma destinato ad auspicabilmente ad aumentare nel tempo. Pertanto gli istituti possono accordare aumenti periodici delle quote capitali (di regola triennali o quinquennali), in linea con le aspettative di maggiori guadagni, mantenendo però la sicurezza del tasso concordato. 
 

5 September 2018 di

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Commenti

  • R Raffaele2023-06-20 19:39:43

    Buongiorno, il problema è che in Italia non si trovano banche che applicano il piano di ammortamento all'italiana; è corretto? Grazie.

    Rispondi
  • C Cristina Bartelli2023-06-29 10:41:05

    Caro Raffaele, dipende dalle prassi bancarie; in Italia è diffuso per la maggior parte dei finanziamenti il piano di ammortamento alla francese con la quota di capitale che diventa preponderante negli ultimi anni del contratto mentre quella di interessi è maggiore nei primi anni. Chiedere comunque alla banca un piano che possa essere più in linea con la propria tranquillità e disponibilità finanziaria è sempre lecito e magari si riesce a trovare una soluzione.

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