Immobile in rudere per non pagare l’Imu
29 lug 2025 | 2 min di lettura | Pubblicato da Cristina B.

Immobili ridotti in ruderi per non pagare l’Imu. Sembra una contraddizione ma potrebbe essere una scelta precisa, come evidenzia Confedilizia, in una nota stampa, mettendo in rilievo il fenomeno in crescita negli ultimi anni.
Le “unità collabenti”
Sulla base dei dati, diffusi il 9 luglio, dall’Agenzia delle entrate, relativi allo stato del patrimonio immobiliare italiano, le cosiddette “unità collabenti”, cioè i fabbricati totalmente in rovina, inseriti nella categoria catastale F/2 – sono aumentate dell’1,5% nel solo 2024. Ma, ecco la riflessione di Confedilizia, è il confronto con il periodo pre-Imu a restituire la misura del fenomeno: dal 2011, anno di introduzione dell’imposta sugli immobili, il numero di ruderi è letteralmente esploso, passando da 278.121 a 629.022. Un incremento del 126%, che, evidenzia l’associazione dei proprietari immobiliari, segnala un’emergenza ignorata.
Il diffondersi di unità collabenti poi comporta un degrado sociale, gli edifici, per circa il 90% di proprietà di persone fisiche, si trasformano in ruderi spesso per il solo passare del tempo, ma in molti casi anche per azioni volontarie dei proprietari, come la rimozione del tetto, per sfuggire alla tassazione patrimoniale. L’Imu, l’imposta sugli immobili, si applica anche a immobili dichiarati “inagibili o inabitabili”, purché non ancora formalmente classificati come ruderi.
Ampliando la visione, nelle schede preparate dall’Agenzia delle entrate, si scopre che le unità immobiliari censite sono pari a quasi 68 milioni di cui la maggior parte è censita nel gruppo A (53,4%) e nel gruppo C (43,4%), dove sono compresi, oltre ad immobili commerciali (negozi, magazzini e laboratori) anche le pertinenze delle abitazioni, ovvero soffitte, cantine, box e posti auto. La restante parte dello stock, il 3%, è costituita da immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale (gruppo D, 2,5%), particolare (gruppo E, 0,3%) e d’uso collettivo (gruppo B, 0,3%). In termini di rendita catastale, la quota maggiore è ancora rappresentata dagli immobili del gruppo A e C, che corrispondono a quasi i due terzi del totale. Le unità del gruppo D rappresentano, di contro, una rilevante quota di rendita del patrimonio immobiliare italiano, il 28,7%, a fronte di una quota di solo il 2,5% in termini di numero di unità.
Lo stock immobiliare italiano, nel 2024, è aumentato dello 0,7%, circa 525 mila unità in più del 2023. Nel 2024 lo stock immobiliare è per quasi il 90% di proprietà di persone fisiche, il 10,8% è detenuto da persone non fisiche e una quota residua, circa lo 0,2%, riguarda proprietà comuni .
Scrivi un commento
Offerte di mutuo confrontate
Calcola un preventivo e scegli il mutuo più adatto a te tra le alternative proposte dalle banche partner di Mutui.it!
MUTUO PRIMA CASA
Confronta i mutui per la prima casa.
SURROGA MUTUO
Abbassa la rata del mutuo.
Blog Mutuando

Mutuo senza segreti

Casa sì, ma ristrutturata e certificata

Limiti di detraibilità

Abitazione principale ed interessi passivi sui mutui

Bussola del fisco sugli interessi passivi sui mutui

C’è una casa per te

Bollette, mutuo, condominio, cara casa quanto mi costi

Imu, tra esenzioni, riduzioni e adempimenti le novità 2025
Guide ai mutui

Le novità 2025 sui mutui under 36

Cos'è l'inflazione e come influisce sui mutui

Acquisto programmato

Mutuo senza busta paga: è possibile?

Mutui a 5 anni

Cosa succede dopo la perizia del mutuo

Mutuo integrativo
