Fine del Qe e mutui. Cosa succederà

La conclusione del programma di stimoli monetari da parte della Banca centrale europea avrà impatto sui tassi attivi e passivi applicati dalle banche, quindi anche sui mutui, ma non nell’immediato. E per registrare variazioni sensibili rispetto ai livelli di oggi potrebbe volerci molto più tempo.
Nella riunione del 14 giugno scorso, il Consiglio direttivo della Bce ha deciso all’unanimità di sospendere il Quantitative easing, il programma straordinario di acquisto di titoli di stato lanciato nel marzo 2015 e finalizzato a fornire liquidità ai mercati per fare in modo che i tassi di interesse applicati ai mutui rimanessero bassi. L’addio al Qe sarà comunque graduale: dagli attuali 30 miliardi di euro al mese si passerà, nell’ultimo trimestre 2018, a 15 miliardi. Nel 2019, se le prospettive di inflazione saranno confermate, non ci saranno più acquisti.
In ogni caso, secondo quanto annunciato dal presidente della Bce, Mario Draghi, almeno fino all’estate del 2019 i tassi di rifinanziamento e di deposito fissati dall’istituto di Francoforte non subiranno modifiche. Di conseguenza, anche i tassi praticati sul mercato interbancario dovrebbero mantenersi vicini ai livelli attuali, senza comportare scossoni né sul fronte dei mutui a tasso fisso (che sono basati sull’indice Eurirs) né sul versante dei finanziamenti a tasso variabile (che sono determinati di regola sull’Euribor a 3 mesi).
Il mutato scenario non dovrebbe perciò generare ripercussioni su chi intende sottoscrivere un mutuo, né tanto meno su chi ne ha già stipulato uno, fino alla metà del prossimo anno. Tuttavia, se si estende il periodo di osservazione a un intervallo compreso tra i due e i cinque anni, i tassi di interesse (della banca centrale, interbancari e quelli applicati dai singoli istituti alla clientela retail) sono destinati a salire.
Per chi ha già un mutuo a tasso fisso gli effetti saranno nulli, essendo le condizioni contrattuali già definite ex ante. Chi ha sottoscritto un mutuo a tasso variabile andrà incontro a un rincaro della rata, all’aumentare dell’Euribor (o dell’indice che ne prenderà il posto entro il 2020). Per i nuovi contratti, invece, i primi effetti si dovrebbero registrare sui mutui a tasso fisso, per i quali le banche potrebbero incrementare gli spread per cautelarsi sul lungo periodo dal rincaro del costo della raccolta (data l’iniziale lentezza degli aumenti dell’Eurirs).
I saggi di interesse sui mutui a tasso variabile seguiranno invece l’andamento del costo del denaro sul mercato interbancario. Ma come insegna l’esperienza registrata negli Stati Uniti, dove la Federal Reserve ha interrotto il Qe alla fine del 2014, il rialzo dei tassi passivi per i prenditori dovrebbe essere comunque molto graduale.
1 August 2018 di Valerio Stroppa
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