Mutui a tasso variabile, corsa al rialzo
Neanche il tempo di finire di sistemare i bagagli in casa, che il rientro dalle vacanze e i buoni propositi di settembre, da un punto di vista economico, si scontrano letteralmente con un gelo anticipato sui prezzi. L’elenco dello scontento è lungo: inflazione, caro bollette, caro energia e non ultimo caro mutui. Calcolatrice alla mano, niente panico e proviamo a ripercorrere le ultime novità, partendo proprio dal colpo della Bce, banca centrale europea, sul costo del denaro e dunque sul costo dei finanziamenti immobiliari.
La battaglia della Bce sull’inflazione
L’8 settembre 2022, il consiglio direttivo della banca centrale europea ha deciso di alzare il costo del denaro di 0,75 punti percentuali. Secondo e non ultimo rialzo da luglio. Il più consistente da quando l’euro è moneta comune.
Il direttivo di Francoforte (sede della Bce) ha puntato sul rialzo del costo del denaro per contenere la fiammata dell’inflazione: più il denaro costa, più la domanda si ridimensiona, in un momento di crisi dell’offerta, e la febbre inflazionistica si dovrebbe abbassare; questo, in sintesi, il ragionamento degli esperti della Bce.
Un percorso non proprio ottimistico per i consumatori
La Bce ha già annunciato che l’obiettivo dell’area euro è quello di contenere l’inflazione al 2%. Per arrivare all’obiettivo non si è fatto mistero che: “Il Consiglio direttivo si attende di aumentare ulteriormente i tassi di interesse nelle prossime riunioni per frenare la domanda e mettere al riparo dal rischio di un persistente incremento dell’inflazione attesa”.
Per gli esperti la decisione si tradurrà, dunque, in una serie di rialzi, almeno fino alla prossima estate, portando il costo del denaro al 2%. Lo scenario dell’inflazione in cui agisce la Bce è una soglia del 9,1% ad agosto, in area euro e per l’Italia 8,4% ,un tasso che ha toccato il record degli ultimi 35 anni.
La Bce snocciola nel suo comunicato ufficiale tutti i mali del periodo economico che stiamo vivendo: i rincari dei beni energetici e alimentari, le pressioni della domanda in alcuni settori dovute alla riapertura delle attività economiche e le strozzature dell’offerta, fattori responsabili dell’incremento dell’inflazione. A questi, si aggiunge lo scenario di guerra che stiamo affrontando da febbraio.
In prospettiva, spiegano nella nota ufficiale, “gli esperti della BCE hanno rivisto significativamente al rialzo le proiezioni sull’inflazione, che quindi si porterebbe in media all’8,1% nel 2022, al 5,5% nel 2023 e al 2,3% nel 2024”.
Gli effetti dell’aumento dei tassi, rate più care fino al 35%
Il Consiglio direttivo Bce, come detto in precedenza, ha deciso di innalzare di 75 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. L’effetto immediato è il ricalcolo dei tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale: rispettivamente all’1,25%, all’1,50% e allo 0,75%, con decorrenza, scrive Francoforte, dal 14 settembre 2022.
Il nuovo scenario per i mutui
Sul fronte dei mutui, i primi che assisteranno ai rincari sulle proprie rate saranno coloro che hanno un mutuo a tasso variabile agganciato all’Euribor (il tasso interbancario di riferimento in Europa, su cui vengono calcolati i tassi della maggior parte dei mutui a tasso variabile) sui tre mesi. Questo indice recepisce prima dell’indice a un mese i rincari ed è più sensibile alle fluttuazioni al rialzo.
Gli esperti prevedono che chi ha un finanziamento di 100 mila euro per 20 anni ed ha pagato ad agosto una rata di 445 deve prepararsi a un aumento del 35% della rata. A settembre il ritocco porterà la rata a 532 euro, per sforare il tetto dei 600 euro, a partire dal 2023.
Incide sui rincari, dove ci si trova come anni di mutuo: mutui più “giovani” scontano un maggior peso della quota interessi rispetto al capitale e dunque sono quelli che subiranno le rimodulazioni più consistenti.
Non dovrebbe avere bruschi risvegli, invece, chi ha scelto in partenza di pagare un mutuo più caro ma blindare la rata con il tasso fisso. L’Eurirs, il tasso di riferimento per i mutui fissi, cresce ma in maniera meno veloce dell'Euribor.
Il dilemma dei nuovi mutui
Il dilemma è tutto per chi si accinge a stipulare contratti di finanziamenti. Nessuno ha la palla di cristallo e ora più che mai la scelta di un tasso per il proprio finanziamento è incerta.
In molti guardano a mutuo variabile con tetto il cosiddetto Cap, che come tassi si pone a metà strada tra il variabile e il fisso con dei tassi intorno al 3%. L’interesse sullo scudo offerto da questa modalità di mutuo cresce tanto è vero che nel terzo trimestre 2022 una modalità di finanziamento andata pressocché in disuso ha visto crescere la domanda del 15,4%. Il variabile comunque pesa il 50% rispetto alle richieste degli italiani.
La forbice tra variabile e fisso resta comunque alta, la richiesta di mutuo è ancora per il tasso variabile riducendo la domanda per quello a tasso fisso, prediligendo, nel caso, la formula con il cap.
Se si ha liquidità a disposizione
Se si ha della liquidità messa da parte, per ridurre l’impatto del mutuo si potrebbe pensare di utilizzare queste risorse aggiuntive per ridurre la durata del finanziamento e l’incidenza del capitale sul calcolo degli interessi. C’è poi la possibilità della surroga, strada anche questa da valutare con attenzione perché al momento la procedura è onerosa in quanto le banche sono restie ai passaggi di clienti proprio per i costi legati al denaro e si potrebbe verificare l’effetto per cui le proposte di surroga risulterebbero meno convenienti dei mutui in essere, rincari inclusi.
Caro affitti
Se chi insegue il sogno della casa di proprietà non dorme sonni tranquilli, meglio non sta chi ancora si trova a pagare l’affitto. La spinta inflazionistica e la corsa dei prezzi hanno contagiato anche i canoni di locazione: quelli fuori dall’ombrello della cedolare secca (un meccanismo di canone concordato tra locatore e proprietario che, a fronte di benefici fiscali per il proprietario, impedisce la rivalutazione del canone di locazione) hanno subito o subiranno un ricalcolo del 7,8%. Si stima che per un trilocale, il canone medio di affitto può arrivare a 877 euro mensili, un esborso da 10.524 euro l’anno. Un incremento rispetto al 2021 di 7,7 punti percentuali, quando il costo si fermava a 9.768 euro, 814 euro mensili.
Come se non bastasse l’elenco delle preoccupazioni economiche vede i rincari di bollette di luce e gas. L'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambienti, (Arera) calcola un costo annuale del gas naturale pari a 1.730 euro, in rialzo del 46% rispetto allo stesso trimestre del 2021 (1.185 euro). Per quanto riguarda la fornitura elettrica, invece, la bolletta ammonta a 1.120 euro, con un rincaro del +81% rispetto allo scorso anno (618 euro). In questo scenario bisogna aggiungere le altre voci di costo, come le spese dell’acqua e quelle della tassa per la spazzatura, la cosidetta Tari.
Molti amministratori di condominio stanno preallertando i condomini di aspettarsi rate straordinarie rispetto al consueto riparto delle spese proprio per riuscire a pagare le forniture di gas per i riscaldamenti.
Di fronte a tutte queste informazioni, si ripropone anche qui il dubbio se continuare a pagare una rata a un soggetto terzo oppure scegliere la strada dell’indebitamento del mutuo e in sostanza pagare una rata il cui importo sarebbe comunque più basso ma alla fine ottenerne la proprietà. Un sacrificio che alla fine ripaga al contrario di un affitto che spesso viene percepito come una situazione temporanea e uno spreco di soldi.
L’impennata dei prezzi
Sul fronte del costo della vita il tasso di inflazione, che ad agosto ha fatto segnare un record per l’Italia, porta le associazioni dei consumatori a calcolare un aumento nel solo settore alimentari pari a 591 euro l’anno (stima Assoutenti). Per Codacons una famiglia di quattro persone, due adulti e due figli dovrà mettere a budget spese in aumento per 3.352 euro.
Infine sia dall’Europa sia dall’Italia arrivano i piani per il risparmio energetico che si sostanziano in contenimenti dell’erogazione dell’energia nelle ore di punta, accensione ritardata dei riscaldamenti e caloriferi meno caldi di un grado nelle case. L’Europa chiede anche una possibile chiusura anticipata dei negozi e luci spente prima nelle città e negli edifici pubblici ad esclusione di quelle per la sicurezza della circolazione.
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