Per risanare l'economia italiana serve la tassa immobiliare
20 apr 2018 | 2 min di lettura | Pubblicato da Francesca L.
Avviare a “un consolidamento fiscale credibile e ambizioso per porre il debito su un solido percorso discendente”, eccola priorità che dovrebbe avere attualmente il nostro Paese, secondo quanto dichiarato da una recente nota de il Fondo Monetario Internazionale, diffusa attraverso il Fiscal Monitor.
Ha le idee piuttosto chiare dunque l’FMI: per risanare i conti, l’Italia deve cominciare a tassare gli immobili e le ricchezze. Brutte notizie dunque per tutti coloro che negli anni, a fronte della richiesta di mutui casa o della disponibilità cash, hanno deciso di portare a termine degli investimenti immobiliari e che ora si trovano possessori di più unità. Il Fondo guidato da Christine Lagarde appoggia quanto già sostenuto dall’Ocse qualche giorno fa che vedeva l’introduzione di una tassa sulle proprietà nel Bel Paese una manovra indispensabile, in modo che le spese vadano a incidere in maniera più consistente sulla fascia della popolazione più ricca.
Le basi di questo processo, secondo FMI, vedrebbero appunto il sostegno delle categorie più deboli, la riduzione del carico fiscale sul lavoro, con un aumento degli investimenti e il taglio della spesa primaria corrente. Ma non solo, la crescita dell’Italia dovrebbe puntare anche all’ampliamento delle opportunità lavorative con un maggiore accesso a queste e alla formazione delle quote rosa. Per raggiungere ciò, oltre alla tassazione verso le proprietà dei più ricchi, si potrà ampliare la base imponibile e aumentare le spese di capitale.
Perseguendo questi obiettivi si farebbero più rosee anche le stime rispetto al rapporto tra debito pubblico e Pil: secondo infatti le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, nel 2018 questo calerà al 129,7%, nel 2020 al 127,5%, per poi arrivare a ridursi fino al 116,6% nel 2023. Positivo l’andamento anche del rapporto tra deficit e Pil, nonostante il pareggio sia slittato di due anni, che scenderà quest’anno all’1,6%, per arrivare a colmare definitivamente il gap entro il 2021.
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