Ance: i mutui italiani sono troppo cari
6 gen 2011 | 3 min di lettura | Pubblicato da Valerio M.
Pubblicato il 6 January 2011
In Italia il costo di un mutuo è molto più salato rispetto alla media degli altri paesi d’Europa. La denuncia arriva dall’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili: se si prende un mutuo di 150 mila euro spalmato su un intervallo di tempo di 25 anni, gli italiani pagano circa 9 mila euro in più rispetto ai mutuatari del Vecchio continente.
E’ come se le famiglie italiane pagassero in media un anno in più rispetto a quelle del resto d’Europa, spiegano gli autori dei rilevamenti fatti dall’associazione. In termini percentuali, un +1,04%, che non è poco visto che si parla di centinaia di migliaia di euro. Insomma, il mercato dei mutui va, ma secondo il rapporto dell’Ance Il Credito nel settore delle costruzioni in Italia, le rate sempre più pesanti a cui sono sottoposti i mutuatari del Belpaese sono il vero e proprio freno alla ripresa del comparto immobiliare. Senza contare i pignoramenti, il cui numero in molte città sta salendo alle stelle.
Alla base di questi costi elevati, secondo l’analisi dell’associazione, c’è il differenziale con l'Europa sull’ammontare dei mutui erogati a tasso fisso per l'acquisto di abitazioni: mentre nell'area Euro a settembre i tassi medi erano al 3,74%, in Italia la media era intorno al 4,1%, con un differenziale dello 0,36%. Ad agosto addirittura il margine era del 69%, anche se bisogna dire che da settembre è sceso di circa il 40%. Ma c'è la forte resistenza a scendere dei tassi d'interesse rispetto all'Irs 10 anni (tasso base di indicizzazione): il differenziale è aumentato notevolmente, arrivando a toccare a settembre un +1,9%.
Questi dati fanno il paio con l’allarme (circostanziato da numeri) lanciato prima di Natale dalla Banca d’Italia, che aveva rimarcato come le famiglie italiane fanno più fatica a onorare il pagamento della rata del mutuo rispetto agli altri paesi della zona Euro. L'insolvenza, stando a quanto dice Bankitalia, supera quota 5% sul totale dei sottoscrittori di un mutuo, quando in paesi quali Francia, Germania e Austria non supera in nessun caso il 2% e nella sola Spagna sale fino al 2,5%. Tradotto in termini più propriamente numerici, vuol dire che una famiglia su venti non riesce a sopperire a una rata che, complice la crisi economica, rappresenta la vera e propria zavorra del computo delle uscite familiari.
Tutto ciò naturalmente si riflette in maniera negativa sui pignoramenti. Stando alle stime dell’Adusbef, unione dei consumatori sempre attenta alle difficoltà dei mutuatari italiani, nel 2010 sono cresciuti del 31% rispetto all’anno prima. Dati confermati in pieno dal rapporto Ance. Se si va a guardare tra i maggiori centri dello Stivale, lo scettro di regina dei pignoramenti va a Milano, che complessivamente nel 2010 ne ha visti effettuare ben 1852 in più rispetto al 2009. A seguire, sempre in base ai precisi rilevamenti fatti da Adusbef, ci sono Torino (+930), Roma (+728), Monza (+424), Verona (+425), Bergamo (+416), Lecce (+365), Brescia (+290), Genova (+336), Bari (+340), Firenze (+199) e Padova (+168).
Andando infine a scandagliare il capitolo dei rischi, i tassi più richiesti sono il fisso e il variabile con cap, ovvero la soglia massima agli aumenti imprevisti. Ma secondo l’Ance le banche perseverano nel consigliare e di conseguenza nell’erogare più di un mutuo su due a tasso variabile. Questo scenario, in un contesto generale con aspettative sui tassi al *rialzo, alza numerosi dubbi su questo tipo di comportamento che non fa altro che minare la solidità del mercato compromettendone la ripresa”*.
di Valerio Mingarelli
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