Cambiano le regole per gli affitti brevi?

Airbnb ha avanzato delle proposte per regolamentare il settore
Pubblicato il 13 December 2022
Le piattaforme per gli affitti brevi tra privati non si sono limitate a cambiare il turismo. Da un lato offrono la possibilità di valorizzare il proprio patrimonio immobiliare, di far fruttare un investimento o di ammortizzare i costi di un mutuo. Dall'altro tendono, soprattutto nelle città con grande vocazione turistica, a svuotare alcune zone. Le aree più appetite diventano, in un certo senso, alberghi diffusi, cambiando il volto delle città e condizionando la vita quotidiana dei (sempre meno) residenti.
Le difficoltà dei centri storici
Airbnb, la principale piattaforma del settore, ha presentato alcuni dati per inquadrare il problema e quattro proposte per tentare di lenirlo. Secondo una ricerca realizzata da Quorum con il contributo della società statunitense, emerge un forte sostegno degli italiani alla possibilità di affittare fra privati tramite piattaforme digitali: ne sono convinti otto cittadini su dieci.
Ci sono però casi nei quali il supporto cala, come a Venezia (64,2%). Il tema è legato soprattutto alla vivibilità dei centri storici, con due residenti su tre (che superano il 72% a Roma e il 79% nel capoluogo veneto) che esprimono preoccupazione per la qualità della vita e di alcuni servizi pubblici.
Le proposte di Airbnb
Airbnb ha quindi avanzato quattro proposte: registrazione nazionale obbligatoria, con un codice identificativo; condivisione dei dati, per permettere alle autorità di segnalare eventuali irregolarità; mappatura per identificazione tramite criteri oggettivi dei quartieri a forte pressione turistica sui quali intervenire con misure addizionali; tutela della piccola proprietà privata, con la possibilità di affittare anche le seconde case.
Alcune città si stanno muovendo per cercare di regolamentare il settore. Airbnb, riconoscendo che “alcuni centri storici sono in sofferenza”, chiede una normativa nazionale omogenea.
Gli obiettivi dell'affitto
Sempre secondo la ricerca di Quorum, per l'80% degli host l'home sharing non è la fonte di reddito principale. Un host su due afferma di affittare per far quadrare i conti e affrontare il carovita. Sembra quindi non trattarsi di un modo per migliorare tenore di vita ma di una soluzione per cercare di mantenerlo in un momento di difficoltà.
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Il profilo dell'autore

Paolo Fiore Giornalista professionista e leccese in trasferta: Bologna, Roma, New York, Milano. Dopo la Scuola di giornalismo Walter Tobagi, ha scritto per Affaritaliani, MF-Milano Finanza, l'Espresso, Startupitalia e Skytg24.it. Si occupa di economia e innovazione per Agi, FocuSicilia e collabora con il gruppo Rcs.
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