Aumento dello spread. Quali effetti sui mutui?
Cosa comporta l’aumento dello spread per i mutui in essere e per quelli prossimi? L’ultimo bollettino mensile dell’ABI, diffuso il 20 novembre 2018, ha evidenziato che nello scorso mese di ottobre il tasso medio applicato dalle banche sui nuovi mutui immobiliari è risultato pari all’1,87%, con un incremento di sette punte basi rispetto all’1,80% di settembre. Secondo l’Associazione l’allungo è dovuto anche all’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani.
Il differenziale tra i Btp decennali e i Bund tedeschi sta “ballando” ormai da diverse settimane ben al di sopra quota 300, con un picco di 338 toccato nella giornata del 19 ottobre. Un valore più che doppio rispetto ai 136 basis point registrati il 5 marzo 2018, all’indomani delle elezioni politiche.
L’andamento dello spread sui titoli di Stato non è direttamente collegato ai mutui. Questo principio sembrerebbe sufficiente, da solo, a tranquillizzare le famiglie che hanno contratto un prestito per acquistare casa o sono in procinto di farlo. Tuttavia le cose non stanno esattamente così, nel senso che in un sistema economico globalizzato e fortemente interrelato qualsiasi movimento repentino sul mercato del debito pubblico influenza a cascata tutti gli altri, comportando nei casi più rilevanti (come è avvenuto negli ultimi anni) scelte di politiche monetaria da parte delle banche centrali, che determinano alla fine della catena i tassi bancari alla clientela retail.
Senza addentrarsi in questioni economiche troppo complesse, è bene precisare che chi ha già stipulato un mutuo a tasso fisso può stare tranquillo. In questi casi infatti il livello degli interessi è già stato definito nel contratto per l’intera durata del piano di ammortamento e non potrà variare, salvo specifico accordo di rinegoziazione tra le parti.
Per quanto riguarda i mutui a tasso variabile già erogati, una correlazione indiretta con l’andamento dello spread potrebbe verificarsi, ma non nell’immediato. Il tasso dei varaibili, infatti, è agganciato agli indici Euribor, ossia al costo del denaro sul mercato interbancario. Tali parametri si muovono ormai da tre anni in territorio negativo e non hanno manifestato alcuna accelerata a seguito delle “bizze” dello spread italiano degli ultimi mesi, ma dipendono principalmente dalle scelte di politica monetaria della Bce.
Il rincaro della rata potrà semmai verificarsi dopo quando Francoforte avrà interrotto gli stimoli monetari (Quantitative easing) e procederà a un graduale rialzo dei tassi. Se ne parlerà comunque dopo l’estate del 2019 o più verosimilmente verso la fine del prossimo anno.
Per quanto riguarda invece i nuovi contratti, sia a tasso fisso che variabile, gli elementi da considerare sono diversi. Lo spread Btp/Bund oltre 300 aumenta le incertezze sulla sostenibilità del debito pubblico e fa perdere valore ai titoli già in portafoglio delle banche: basti pensare che gli istituti di credito detengono da soli oltre 250 miliardi di euro in Btp. Inoltre l’annunciato rialzo dei tassi da parte della Bce, per quanto graduale e non immediato, comporterà un aumento del costo della raccolta. Motivi per i quali diversi istituti bancari hanno iniziato negli ultimi due mesi a tutelarsi ritoccando verso l’alto lo spread “interno” applicato alla clientela sui mutui, portando a un leggero rincaro dei tassi.
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