Obama e lo scandalo dei subprime

Va avanti la battaglia del presidente degli Stati Uniti Barack Obama contro le agenzie di rating, accusate di aver sopravvalutato alcuni titoli immobiliari contribuendo in maniera determinante a scatenare il più grande scandalo finanziario dei tempi moderni: la crisi dei mutui subprime, vale a dire i prestiti per la casa concessi agli statunitensi meno abbienti e pertanto con un elevatissimo rischio di mancato rimborso delle rate. Un sospetto poi divenuto realtà.

Pochi giorni fa l’amministrazione a stelle e strisce ha formalmente incolpato Standard& Poor’s di aver mentito agli investitori sul reale stato del mercato immobiliare statunitense nell’imminenza dello scoppio della bolla subprime. Chiara la tesi dell’accusa: S&P ha deciso di non rivedere al ribasso i rating sul debito dei mutui subprime perché questo avrebbe spinto i clienti a fuggire dalle altre due agenzie (Moody’s e Fitch), chiedendo così un rating migliore.

Compito delle “tre sorelle” è, infatti, quello di emettere giudizi sulla capacità di una società o uno Stato di pagare i propri debiti. Decisione che si è rilevata talmente delicata da permettere loro di controllare e condizionare la fiducia degli investitori. Ma occultando il reale stato di salute di questi prodotti cartolarizzati, inseriti cioè in obbligazioni di pessima qualità ma rivenduti sul mercato come sicuri, si sono causate perdite di miliardi di dollari.

Ed ora la pesantissima accusa mossa a S&P di aver deliberatamente gonfiato i rating dei mutui subprime ha anche un prezzo: il Dipartimento di Giustizia americana ha chiesto 5 miliardi di dollari, un importo cinque volte superiore al fatturato annuale che l’agenzia di rating ha raggiunto nel 2011, pari a 1,77 miliardi di dollari. Ma soprattutto si tratta della prima causa intentata dalle autorità federali contro un’agenzia di rating.

Secondo il Wall Street Journal, che ha riportato i dettagli della clamorosa richiesta, l’azione legale sarà avviata entro la prossima settimana sia a livello federale che a livello statale. Così ad affiancare in Tribunale il Dipartimento alla Giustizia ci saranno anche i procuratori di 16 Stati, ignari anch’essi di aver comperato con soldi pubblici prodotti spazzatura.

Intanto, non si è fatta attendere la risposta di Standard&Poor’s all’accusa di aver dato giudizi troppo alti a mutui rischiosi, deliberatamente fuorviando gli investitori. “Ci difenderemo con forza”, ha spiegato in proposito Kenneth Vittor, il responsabile del team di avvocati di S&P, che ha lasciato intravedere la possibilità di un accordo. Ma sembrerebbe poco probabile visto che questa strada è stata già intrapresa prima che venisse ufficializzata la richiesta economica di 5 miliardi di dollari con l’agenzia di rating che avrebbe offerto, invece, solo un indennizzo di 100 milioni di dollari.

Il gruppo McGraw-Hill (che controlla S&P) ha anche spiegato che l’accusa “è priva di qualsiasi fondamento di fatto o di diritto” e che “non ritiene che il dipartimento alla Giustizia possa provare che questi sbagli, che all’epoca hanno coinvolto quasi tutti, siano il prodotto di una cattiva condotta da parte dell’agenzia”.

Una dichiarazione che sicuramente ha qualche cosa di vero: da quando si è scatenata la crisi finanziaria dei mutui subprime che sconvolge tutt’ora la finanza globale nessuno ha ancora pagato. Sono state sollevate molte cause, ma di condanne non si è vista l’ombra. Le multinazionali e i colossi bancari hanno sborsato solamente milioni di euro come indennizzi senza ammettere le loro colpe.

15 February 2013 di

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